martedì 10 dicembre 2013

Gli infiltrati fanno degenerare la protesta dei forconi: immigrati e centri sociali provocano la bagarre a Torino

 
La signora bionda scoppia in lacrime mentre intorno a lei, in piazza Castello, sibilano pietre e mattoni e si alza il fumo dei lacrimogeni: «State rovinando la manifestazione», urla con rabbia. Poco più in là, all’incrocio con via Pietro Micca, una ragazza sbotta contro un marocchino: «Voi nemmeno pagate le tasse, non c’entrate niente con noi, come vi permettete di tirare le pietre?». E a momenti finisce in rissa. Lo sciopero dei forconi, a Torino, è diventato una carovana su cui sono saliti tutti. Ci sono i mercatali, i venditori ambulanti, i camionisti, i precari, gli studenti, i disoccupati, gli immigrati. Ma anche gli ultras (del Torino e della Juventus). E non solo: nei giorni scorsi, gli autonomi, gli antagonisti e i centri sociali avevano bollato i forconi come “fascisti”, ma poi, davanti al municipio, si sono infiltrati nella manifestazione cambiando il volto della protesta. La violenza è scoppiata all’improvviso, in piazza Castello. C’è voluta almeno un’ora prima che ritornasse la calma e si potesse riprendere il ragionamento sui motivi della protesta, scandire slogan e fare i comizi. «È stato tradito lo spirito di una protesta – dice Flavio Tosi – che, al contrario, aveva le sue giustificazioni. In quello che era lo spirito iniziale di una protesta giustificabile, poi si è infilato dentro di tutto e questo ha delegittimato l’iniziativa. Peccato, perché quello spirito aveva le sue brave ragioni, ed è stato tradito. C’è da sperare che nei prossimi giorni la cosa non degeneri, e questa possibilità purtroppo esiste. Il rischio è che qualcuno cavalchi la protesta, e questo mi preoccupa».

Ecco perché i “forconi” hanno colto di sorpresa la politica
Quello che maggiormente colpisce della prima giornata di protesta del movimento dei “forconi” è la pressoché totale afasia della politica. Tacciono le segreterie e  tacciono gli esponenti di spicco dei partiti. Gli unici a esternare sono stati Emanuale Fiano del Pd, per condannare, e il governatore  del Veneto, Luca Zaia, per sposare le ragioni della protesta (ma un altro leghista,  Luca Tosi, parla di «snaturamento» del movimento  a causa delle violenze di Torino). S’è dovuto attendere il tardo pomeriggio per udire un giudizio articolato da parte del Palazzo. Ed è stato quello del ministro del Lavoro Enrico Giovanni, che ha auspicato il «dialogo» e  stigmatizzato la violenza,  indicando nella crescita economica  l’unico modo per «risolvere alle radici» il problema. Ma vale la pena sottolineare che Giovannini  non proviene dai ranghi della politica, essendo stato, fino alla primavera scorsa, il presidente dell’Istat. E, sempre a fine giornata, è arrivato il commento di Beppe Grillo: circostanza davvero strana per un arruffapopolo e un incendiario come lui.  E dire che la sua Genova ha vissuto un giorno di caos.
Per il resto, nessuno se l’è sentita di esprimere un giudizio, né in negativo né in positivo e neanche problematico. E ciò almeno fino alla serata. È probabile che nella seconda giornata di protesta (se lo sciopero dovesse realmente estendersi) assisteremo a un profluvio di dichiarazioni. Ma occorre in ogni caso registrare una significativa lentezza di riflessi.  Ciò dà la misura  della distanza che continua a separare la politica dalla società, nonostante la gravissima crisi che devasta interi settori del Paese, una crisi che non è soltanto sociale ed economica , ma,  più in profondità, una crisi del legame politico, requisito indispensabile per tenere unito un moderno Paese industriale, come, nonostante tutto, rimane l’Italia.
Ci sono però caratteri, nei “forconi“ , che possiamo a buon diritto definire originali, e che ne marcano al momento (non sappiamo come evolverà la situazione nei prossimi giorni)  la netta differenza rispetto ad altri movimenti di protesta. Quello che risalta è il proprio l’esibito carattere “nazionale” del movimento, con i tricolori comparsi un po’ ovunque e con il tentativo di arginare, da parte degli stessi organizzatori, le manifestazioni di violenza e illegalità. «Saremo noi i primi poliziotti». ha dichiarato ad esempio Mariano Ferro, uno dei leader dei “forconi” . Il fatto  rilevante della prima giornata di manifestazioni non sono gli scontri a Torino (provocati da ultras da stadio, provocatori e infiltrati vari) , ma il gesto dei poliziotti che si tolgono il casco in segno di solidarietà con i manifestanti. È un fatto spontaneo, inconsueto e di alta densità simbolica. Non s’è mai vista una scena simile davanti alle manifestazioni dei No Tav e dei centri sociali. Si tratta quindi di un segno di  riconoscimento di ragioni e di  empatia. E un segno, soprattutto, di una idea di Stato che reclama la rinnovata esigenza tra un legame solidale e politico tra le categorie sociali. Il vero Stato sono i cittadini, non Equitalia: è questo il messaggio della prima giornata dei “forconi” che la politica non sembra ancora aver compreso. Speriamo solo che tale carattere si mantenga anche nel corso della settimana.
Fonte  Il secolo D'Italia.  

         
http://www.secoloditalia.it/2013/12/ecco-perche-i-forconi-hanno-colto-di-sorpresa-la-politica/
 

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